Se ChatGPT finisce in tribunale
Il New York Times pronto a fare causa a OpenAI. Secondo l’azienda editrice, l’addestramento dei software di intelligenza artificiale avviene impiegando dati contenuti negli articoli senza autorizzazione. Anche altre realtà del settore della comunicazione pronte alla battaglia legale. Una grana che si aggiunge ai conti in affanno, il 2022 si è chiuso per OpenAI con oltre 500 milioni di dollari di rosso.
Giovanni Runchina
Giovanni Runchina
06 Settembre 2023
Tempo di lettura: 3 minuti

A novembre 2022 l’esordio tra lo stupore e l’euforia, un crescendo durato mesi con preoccupazioni sempre maggiori per l’impatto sul lavoro umano per le implicazioni sia legislative sia economiche; l’ascesa prosegue nella prima parte del 2023 quando, improvvisamente, si manifestano i primi problemi: prima le accuse di regressione da parte di utenti e programmatori, delusi dalle prestazioni dell’ultimo rilascio di ChatGPT, e ora la possibile battaglia legale che la vedrebbe contrapposta a un gigante dei media.

OpenAI, la società che ha sbaragliato il settore dell’intelligenza artificiale con il suo chatbot ChatGPT, potrebbe essere presto trascinata in tribunale.

L’indiscrezione è stata riportata giorni fa: secondo il sito americano Npr, il New York Times starebbe valutando denunce per la violazione della proprietà intellettuale e di copyright. In sintesi per il gruppo media della Grande Mela le aziende tech, OpenAI tra queste, userebbero i dati per addestrare e rendere più performanti i loro software di intelligenza artificiale.

Da settimane, sempre secondo il sito statunitense, il gruppo che ha dato vita a ChatGPT sta portando avanti trattative serrate con diverse aziende editrici per un accordo sull’uso dei dati ma, al momento, senza alcun risultato. Tanto che proprio il NYT ha modificato ulteriormente in senso restrittivo le condizioni di utilizzo del suo sito impedendo qualunque forma di data scraping (estrazione di dati attraverso software specifici) dal proprio sito.

Secondo gli esperti, nell’ipotesi di una controversia legale, qualora si dimostrasse che OpenAI ha copiato senza autorizzazione degli articoli per addestrare ChatGPT, il tribunale potrebbe ordinare alla società di ricreare ex novo i set di dati, usando solo quanto raccolto con le autorizzazioni e distruggendo il resto. Inoltre comminerebbe una multa salatissima.

Si ingaggerebbe una tra le più grandi battaglie legali a tutela del copyright in un momento economicamente complesso per OpenAI che ha chiuso il 2022 con una perdita di 540 milioni di dollari. Rendere sempre più performante ChatGPT costa all’azienda 700 mila dollari al giorno. Uno sforzo economico enorme che ha messo sotto pressione i conti della società guidata da Sam Altman, impegnata da mesi nel difficile compito di rendere sostenibile l’investimento. Sfida importante che sarebbe resa ancora più difficile da una grana legale di dimensioni enormi e dall’esito tutt’altro che prevedibile.

Ma, cercando di guardare oltre questa pur importante contesa, si può intravvedere la vera posta in palio: la battaglia sui dati, il petrolio del nostro tempo, dal cui esito dipendono immense fortune economiche e la libertà individuale e collettiva a livello planetario.