L’accaparramento delle terre
Le multinazionali comprano enormi estensioni di terreno da usare per le coltivazioni intensive sottraendole alle popolazioni che spesso ci vivevano da secoli traendone sostentamento. Un fenomeno speculativo che pone in discussione il diritto al cibo e crea enormi squilibri ambientali al pari del consumo di suolo come sottolinea in questa analisi Nicola Pirina, CEO di Kitzanos.
Redazione
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26 Giugno 2023
Tempo di lettura: 3 minuti

Nel labirinto delle questioni che affliggono il mondo, una particolare e insidiosa trama si sta disegnando silenziosamente. È l’orizzonte insanguinato del land grabbing, un fenomeno tanto vasto quanto sottovalutato, che vede come protagonisti l’avidità, la cieca sete di potere e una profonda incomprensione delle dinamiche ambientali.

Il land grabbing, o accaparramento delle terre, è un fenomeno in rapida crescita che vede (grandi) estensioni di terra agricola, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, acquistate o affittate da investitori stranieri. Le motivazioni dietro tali acquisizioni sono variegate: produzione di cibo o biocarburanti per l’esportazione, speculazione immobiliare, e talvolta, purtroppo, mera avidità.

Se da un lato queste operazioni possono sembrare un semplice esercizio di libera economia, dall’altro nascondono una serie di effetti collaterali estremamente dannosi. L’espulsione delle comunità locali, la perdita di accesso alla terra per i piccoli agricoltori, l’erosione della sicurezza alimentare e un impatto ambientale devastante sono solo alcuni dei problemi generati da questa pratica.

Ma l’accaparramento delle terre non è l’unico problema che riguarda il nostro rapporto con l’ambiente. Una questione altrettanto importante è l’insostenibile proliferazione di costruzioni a discapito della ristrutturazione e del riutilizzo di edifici esistenti.

Una politica di sviluppo immobiliare incontrollato è un errore macroscopico. La cultura del “costruire sempre di più” non tiene conto di un fatto innegabile: le risorse del nostro pianeta non sono infinite. Ogni edificio eretto è un pezzo di natura che viene sacrificato, un lembo di terra che viene strappato alla biodiversità.

È tempo di prendere coscienza del fatto che ogni nuovo immobile non è solo un capolavoro di architettura, ma anche un monumento alla nostra incapacità di gestire in modo sostenibile le risorse a nostra disposizione. Perché, infatti, non considerare l’opzione di ristrutturare o, quando necessario, demolire e lasciare che la natura riprenda il suo spazio?

Il restauro conserva il patrimonio architettonico, risparmia energia e risorse, e riduce l’impatto ambientale. La demolizione consapevole, invece, può permettere alla natura di rigenerarsi, di riprendersi gli spazi che le appartengono di diritto.

Il land grabbing e l’edilizia irresponsabile sono due facce della stessa medaglia: l’indifferenza verso l’ambiente e la mancanza di rispetto per le generazioni future.

È nostro dovere, come abitanti di questo pianeta, essere custodi intelligenti di quello che il Padre Eterno ci ha messo nostro malgrado a disposizione.

Dobbiamo essere guardiani delle sue risorse e contrastare queste pratiche insostenibili.

È tempo di ripensare il nostro approccio allo sviluppo, di riconoscere che non tutto ciò che è legale è anche giusto, di insistere sulla necessità di una gestione più equa e sostenibile della terra e delle risorse naturali.

La lotta contro il land grabbing e l’edilizia irresponsabile è una battaglia per la giustizia, per la sostenibilità e per il futuro del nostro pianeta. Non possiamo permetterci di perderla. Siamo tutti chiamati a giocare un ruolo in questa partita, e non possiamo restare in silenzio.

Il nostro avvenire, e quello delle generazioni che ci seguiranno, dipende dalle decisioni che prendiamo oggi. Ogni scelta, ogni azione, conta. Perché ogni pezzo di terra conta.

E perché la Terra, alla fine, è l’unica casa che abbiamo.

As usual, ready to debate.

Un sorriso, Nicola