Gli investimenti in ricerca e sviluppo in Italia sono in aumento, ma crescono le differenze sia fra territori che fra imprese. È quanto emerge dai dati Istat pubblicati di recente (qui il link al documento). La rilevazione fa riferimento al triennio 2023-2025.
Per quanto riguarda la R&S intra-muros (si riferisce alle spese sostenute all’interno dell’azienda o dell’istituzione, utilizzando personale e attrezzature propri) nel 2023 nel nostro Paese sono stati spesi 29,4 miliardi di euro con un un incremento del 7,7% a prezzi correnti rispetto all’anno precedente. Tale andamento è trainato soprattutto dalle istituzioni pubbliche (+14,5%) e dalle università (+9,9%), mentre le imprese registrano una crescita più contenuta (+5,4%) confermata anche dai dati preliminari del 2024 (+1,2%) e dalle previsioni per il 2025 (+4% rispetto al 2024).
Nel settore delle istituzioni pubbliche i dati preliminari 2024 evidenziano un segno più in R&S intra-muros (+6,6% rispetto al 2023) che è valido anche per il 2025 (con una previsione del +7,2% rispetto all’anno precedente).
Nel complesso l’intervallo di tempo preso in esame delinea un quadro positivo ma evidenzia, allo stesso tempo, marcati divari. Il Paese ha un sistema a due velocità, spinto dalla spesa pubblica e dalle multinazionali, ma frenato dalla debolezza delle piccole imprese e da una cronica asimmetria territoriale tra Nord e Sud.
In termini di finanziamento, sono le imprese stesse a sostenere la maggior parte dello sforzo economico (51,1% dei finanziamenti totali) che maschera una profonda divisione interna. Quelle con almeno 250 dipendenti si confermano il pilastro del settore aumentando in modo significativo il proprio sforzo (+7,3% nel 2023). Contribuiscono con circa 12,5 miliardi di euro, pari al 73,1% della spesa complessiva. Andamento analogo si osserva negli anni successivi.
Al contrario, le aziende con meno di 50 addetti registrano un ulteriore calo pari al -2,3%. Questa dinamica amplifica la forbice dimensionale, riducendo l’apporto delle PMI nel panorama nazionale. A ciò si aggiunge l’elemento della governance: l’R&S privata è dominata dalle multinazionali, sia estere che a controllo italiano, dalle quali dipende l’83,1% dell’intero impegno delle imprese.
Altro aspetto critico riguarda la risposta dei territori con il divario tra Nord e Sud che si conferma uno dei maggiori ostacoli alla diffusione omogenea dell’innovazione. Oltre la metà della spesa totale in R&S (il 59,8%, circa 17,6 miliardi di euro) è concentrata in sole quattro regioni: Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte.
Per quanto riguarda l’incidenza sul PIL regionale, le performance migliori si rilevano in Piemonte ed Emilia-Romagna, entrambe con valori superiori al 2,0%. Al contrario, l’intero Mezzogiorno si colloca al di sotto della media nazionale. Sebbene alcune regioni del Sud (come Sicilia, +17,1%, e Calabria, +18,5%) abbiano registrato forti incrementi percentuali di spesa nel 2023 , l’R&S delle imprese nel Mezzogiorno resta strutturalmente più debole.
Nelle regioni del Nord (e in parte del Centro), la spesa è prevalentemente sostenuta dalle imprese (con punte che superano i tre quarti in Piemonte ed Emilia-Romagna), mentre nel Mezzogiorno e nel Lazio l’R&S è sorretta in larga parte dal settore pubblico e dalle Università (fino a 80% in Sardegna e Calabria).
Per agganciare gli altri Paesi europei, l’Italia dovrà sia ridurre la forbice territoriale, sia coinvolgere maggiormente le PMI così da garantirsi crescita robusta e competitività duratura.


