Non stiamo più curando l’uomo. Lo stiamo riscrivendo. E presto, forse, lo produrremo.
Per millenni, abbiamo creduto che il corpo fosse un limite. Una struttura. Un’eredità.
Nel XXI secolo, è diventato un campo modificabile, ingegnerizzabile, sintetizzabile.
Grazie a biotecnologie e synthetic biology, non interveniamo più sul corpo, lo programmiamo. Non correggiamo la natura, la riscriviamo. Non curiamo la malattia, preveniamo la sua possibilità statistica attraverso modelli, AI e sintesi molecolare.
Il corpo umano non è più un tempio. È una piattaforma.
Negli ultimi 24 mesi, i modelli di intelligenza artificiale hanno generato più molecole terapeutiche di quante ne abbia scoperte la farmacologia nel secolo scorso.
Non si parte più da una malattia, ma da una rete di dati bio genetici, ambientali e predittivi, da cui l’AI deduce farmaci che non esistono ancora.
Strutture molecolari inedite.
Dosi micro-precise.
Formulazioni personalizzate per profili digitali biometrici.
Nasce così la medicina computazionale, dove la cura non viene testata per vedere se funziona: è progettata perché funzioni, con un margine di errore che si riduce a ogni ciclo neurale del modello.
Domanda: quando il farmaco nasce da una macchina, chi è il medico? Chi è il paziente?
Il sangue è sempre stato simbolo: vita, parentela, identità.
Oggi, il sangue sintetico non è solo possibile. È funzionante.
Prodotto in laboratorio.
Compatibile con tutti i gruppi.
Resistente a infezioni e degradazione.
Ottimizzabile per esigenze militari, spaziali, estreme.
Questo non è sostituzione. È superamento.
Non stiamo replicando il corpo umano.
Stiamo costruendo un altro corpo umano, con parametri progettuali.
Il sangue, la carne, i tessuti, i microbiomi: tutto può essere ora modellato, potenziato, riscritto.
La synthetic biology è la disciplina più radicale della nostra epoca.
Non lavora su ciò che già esiste. Lavora su ciò che potrebbe esistere.
Batteri che producono plastica biodegradabile.
Algoritmi genetici che creano nuovi enzimi mai esistiti.
DNA modificato per trasmettere dati.
Organi bio stampati come pezzi di ricambio.
La vita è diventata una questione di linguaggio e codice.
Il biologico, un subset del computazionale.
E quando qualcosa può essere programmato, allora può essere anche copiato, ottimizzato, hackerato, venduto.
Cina, USA, India e Israele stanno investendo miliardi nelle bio-foundry: infrastrutture per la produzione su larga scala di vita sintetica.
Non per salvare il mondo. Ma per controllarne le funzioni vitali.
Chi possiede il brevetto su un enzima, controlla una filiera.
Chi produce sangue sintetico, controlla l’assistenza sanitaria militare.
Chi domina le piattaforme AI di drug discovery, decide chi vive, quanto, come.
Il corpo è diventato territorio geopolitico. E noi, suoi abitanti inconsapevoli.
L’Europa ha centri eccellenti, start-up di frontiera, ricercatori di livello mondiale.
Ma manca di visione sistemica. Di una biopolitica moderna.
Resta bloccata in un’etica paralizzante, spesso incapace di distinguere tra precauzione e rinuncia.
L’Italia? È ancora alle prese con l’idea che biotecnologia significhi OGM.
Intanto, la guerra della biologia computazionale la stanno vincendo gli altri.
Non si tratta più di fare ricerca.
Stiamo ricontrattando cosa significhi essere vivi, sani, riproducibili, mortali.
Chi domina il linguaggio della vita non ha bisogno di conquistare territori.
Gli basta progettare i corpi che li abitano.
Chi resta fuori da questo tavolo non sarà consultato.
La vita non è più un dono. È un’opzione.
E chi non sviluppa competenze sulla nuova biologia resterà nella biologia vecchia.
Quella che sanguina. Quella che muore.
Quella che verrà curata solo se conveniente.
Il corpo riscrivibile
Negli ultimi 24 mesi, i modelli di intelligenza artificiale hanno generato più molecole terapeutiche di quante ne abbia scoperte la farmacologia nel secolo scorso. Questo schiude le porte a una nuova era: quella del corpo programmabile. Ce ne parla il CEO di Kitzanos, Nicola Pirina.
Redazione
24 Settembre 2025
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