Nella due giorni, 3 e 4 dicembre, di convegno a Cagliari su “Biologia è Tecnologia e viceversa” esperti in vari settori si sono confrontati sulle nuove sfide aperte dall’avvento del digitale. La necessità di riformare la conoscenza è il primo e decisivo passo per orientare i cambiamenti e non esserne travolti. Una nuova cultura che renda attuali leggi, imprese, formazione ed educazione.
Mobilitare tutte le risorse: umane, cognitive, formative, culturali ed economiche. E farlo in una direzione condivisa avendo consapevolezza dell’importanza della posta in palio, un futuro già tra noi che, se non governato, rischia di travolgerci e di vedere l’uomo come mero spettatore di un mondo dominato dalle macchine.
È questo in estrema sintesi il messaggio emerso dal convegno “Biologia è Tecnologia, e viceversa. Ripensare la conoscenza nell’era digitale” che si è tenuto nel fine settimana appena trascorso a Cagliari, in via San Salvatore da Horta, nella sala conferenze della Fondazione di Sardegna. Quest’ultima ha sostenuto l’iniziativa che è stata patrocinata dall’Università di Cagliari. Diretta streaming e social media management sono state curate da EjaTV, mentre Kitzanos ha coordinato e organizzato l’evento di cui è responsabile sotto l’aspetto della produzione scientifica.
La due giorni di confronto, nata dall’intuizione del suo direttore scientifico Silvano Tagliagambe, è stata l’occasione per mettere a confronto più voci e più menti sull’assoluta urgenza di ripensare completamente i processi e le finalità dell’apprendimento alla luce dell’avvento del digitale.
Un pensiero, un modo di produzione, una visione del mondo «un vero e proprio modo d’essere che va elaborato, in quanto integra informatica, logica, psicologia, linguistica, cibernetica e ultimamente le neuroscienze, le nanotecnologie, le genetica, la fisica quantistica, in un contesto che tutto coinvolge che chiamiamo intelligenza artificiale e che di fatto opera nella simbiosi tra tecnologia e biologia», per usare le parole del professor Tagliagambe secondo il quale le conseguenze sono di portata enorme, tra tutte «il superamento della divisione del lavoro e della frammentazione della conoscenza che presuppone una nuova epistemologia».
Il contributo dei diversi relatori è stato convergente sull’obiettivo finale: la necessità di riformare rapidamente i nostri schemi di pensiero e, conseguentemente, tutte le nostre attività in un’ottica di sistema o, meglio, di network in cui la rete è formata da tanti nodi intelligenti in relazione continua e dinamica tra loro e con l’insieme.
Nel corso della prima giornata, venerdì 3, il focus è stato su: formazione, pubbliche amministrazioni, coscienza e intelligenza artificiale. Sul palco si sono alternati in tre duetti di un’ora ciascuno: Luca De Biase (direttore Nova 24 e saggista) e Andrea Bonaccorsi (professore di Economia Gestionale ed economista); Francesco Molinari (ricercatore e consulente indipendente) e Mauro Barberio (avvocato amministrativista e saggista); Philip Martin Larrey (professore di Logica ed Epistemologia, teologo e filosofo) e Silvano Tagliagambe (professore Emerito di Filosofia della Scienza) .
Sabato 4, il contributo del presidente della Fondazione di Sardegna, Antonello Cabras, incentrato sulla necessità di porre l’attenzione comune sul rispetto dei tempi nella spendita dei fondi europei che alimenteranno il PNRR, ha aperto la seconda giornata.
I temi affrontati sono stati vari: l’organizzazione d’impresa, il ruolo dell’immaginazione e della creatività nella nuova era digitale, le iniziative da mettere in campo per evitare il declino del nostro Paese. I protagonisti dei duetti: Alberto Felice De Toni (professore di Ingegneria Economico-Gestionale e direttore scientifico di CUOA Business School) e Antonio Grieco (professore di Tecnologie e di Sistemi di Lavorazione); Roberto Masiero (professore di Storia dell’Architettura ed esperto di complessità) e Gianmarco Carnovale (presidente Roma Startup, imprenditore e manager); Alessandra Todde (viceministra MISE, imprenditrice e manager) e Alfio Quarteroni (professore Emerito di Matematica, fondatore e direttore del MOX).
A fare da cerniera durante i panel il moderatore Nicola Pirina mentre i discussant permanenti, le giornaliste Paola Pintus e Simonetta Selloni e Michele Kettmaier (docente di Etica del Digitale e blogger su Nova100), hanno dato una spinta maggiormente dialogica ai diversi interventi.
La varietà e la profondità delle riflessioni ha consentito di fare il punto sulla situazione presente e di immaginare il futuro prossimo.
Nel quotidiano, il digitale inteso come mero aspetto tecnico, corre e si trasforma a una velocità impressionante e inimmaginabile facendo sovente tabula rasa del mondo conosciuto. Così si scopre che: la nostra formazione, le modalità di apprendimento, sono inadeguate non solo nei contenuti ma anche nelle forme di erogazione e di fruizione; il settore pubblico, italiano ed europeo più in generale, ha bisogno di una profonda rivisitazione; le basi del nostro pensare e del nostro agire non sono al passo con gli standard e con i problemi attuali. Il digitale, inteso come una nuova era, ci chiama a mobilitare tutte le nostre risorse, anche etiche e morali, come forse mai prima d’ora e in uno sforzo sincrono.
Gli algoritmi avanzano impetuosi, sostituiscono il lavoro delle persone distruggendolo e in parte ricreandolo, non sono una locomotiva a guida autonoma lanciata inesorabilmente verso il futuro ma, al momento, hanno una solida matrice umana nelle intenzioni e nel pensiero, gli elementi immateriali alla base della loro programmazione e del loro funzionamento.
L’input è sempre umano, perciò occorre prestare particolare attenzione al retroterra culturale di tutti coloro i quali hanno un ruolo in questi giganteschi processi di cambiamento: per evitare pericolose e aride derive tecnocratiche bisogna rimettere al centro la filosofia, l’etica, l’arte al fine di assumere le decisioni più giuste nell’interesse generale.
Per avere nuove leggi, deputate a normare un quadro giuridico globale attualmente favorevole al gigantismo delle big companies, per avere nuove imprese, che devono produrre uno sforzo enorme in termini di mutamenti dei processi, e per avere infine una nuova politica, chiamata a riappropriarsi del suo ruolo di guida e di strategia nei processi in atto. Affannarsi a comprendere il mondo nuovo, emergente, con strumenti vecchi equivale a retrocedere la nostra specie da protagonista a spettatrice di un’era piena di conquiste tecnologiche ma orfana di umanità.