La generosità popolare oltre ChatGPT e i social
I social e la tecnologia sono, a seconda delle circostanze, strumento di controllo sociale e cassa di risonanza per battaglie importanti. Una duplicità evidente in diversi accadimenti più o meno recenti, come sottolineato da Michele Kettmajer in questo contributo apparso anche sul suo blog "Informazione civica" ospitato su Il Sole 24 Ore.
Redazione
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13 Dicembre 2022
Tempo di lettura: 3 minuti

Se da una parte del mondo si dialoga con ChatGPT, l’intelligenza virtuale di OpenAI, startup fondata da Elon Musk, (ho chiesto a ChatGPT di progettare uno schiaccianoci che non spezzi le noci in mille pezzi e la riposta che mi ha dato è servita a DALL e un’altra intelligenza artificiale che disegna tutto quello che volete a restituirmi il progetto in tre dimensioni, da lì poi avere lo schiaccianoci fisico con una stampante 3D è stato veloce) da un’ altra parte del mondo, in Cina, i manifestanti che provano a opporsi alle misure restrittive anti-covid usano molto poco il digitale e i social per comunicare tra loro.

D’altra parte la rivoluzione verde in Iran nel 2009 e la primavera araba nel 2011 ci aveva insegnato che i social erano serviti in maniera limitata a organizzare il popolo tunisino nelle rivolte di chi non voleva più il presidente despota Ben Alì; mentre avevano avuto un ruolo importante nel diffondere fuori dal paese le richieste di aiuto. Eugeny Morozov, nel suo libro “The Net Delusion” dimostrò che, in base all’analisi effettuata da Sysomos (una società di analisi dei social media), solo 19.235 contatti Twitter erano registrati in Iran (cioè lo 0,027% della popolazione) alla vigilia delle elezioni del 2009. “L’Occidente si è focalizzato non sul popolo iraniano, ma sul ruolo della tecnologia occidentale. Twitter è stato importante nel pubblicizzare ciò che accadeva, ma il suo ruolo è stato sovrastimato” scrisse al termine della rivoluzione Hamid Tehrani, il direttore iraniano di «Global Voices» Molti giovani cinesi forse non ricordano queste analisi ma conoscono molto bene il credito sociale introdotto dal governo cinese; in breve un sistema in vigore da circa 7 anni che registra tutte le vostre azioni pubbliche, premia quelle virtuose e condanna quelle negative, come passare con il rosso.

Più alto è il punteggio con più facilità avete il passaporto, l’accesso a beni e servizi e cosi via. Cosi in Cina, ma ormai non solo lì, il controllo sociale è onnipresente anche sui social. Tanto da indurre i ragazzi che provano a organizzarsi contro le privazioni della libertà a trovare modelli alternativi ai social digitali. I manifestanti infatti temono che la condivisione di informazioni online possa portare alla chiusura dei loro account o addirittura alla detenzione. E che fanno allora?  I ragazzi si trovano in strada e manifestano in luoghi dove possono essere visti dalla comunità, arrivano con risme di fogli bianchi dove scrivono i loro pensieri e li affiggono ovunque, usano simboli e codici disseminati per la città.

In molte zone del paese la rivolta ormai è chiamata Rivoluzione A4 (i fogli bianchi più usati). Certo poi si organizzano con VPN e altre strategie digitali per comunicare soprattutto extra confine. Ma il messaggio è chiaro. Quando c’è una crisi profonda e i cittadini si uniscono per aiutarsi reciprocamente a superarla ricostruiscono qualcosa di più di quello che serve ai loro bisogni: ricostruiscono le ragioni di stare insieme. E lo fanno a prescindere dai social che non dovranno mai più essere centrali né fondamentali per le relazioni e il senso di reciprocità di cui l’umanità ha bisogno. I social e ChatGPT, a proposito provate a usarlo, sono una grande opportunità per l’umanità a patto di saper riconoscere il loro limite, di conoscerli a fondo e di avere grandi strumenti critici di lettura che ci aiutino a capire dove sta la verità.