Il mondo si è spostato sull’edge
Un approccio all'elaborazione dei dati che capovolge i rapporti: il mondo fisico diventa una conseguenza del mondo computato, in autoaggiornamento continuo. Nicola Pirina, CEO di Kitzanos, ci aiuta a esplorare questa nuova frontiera.
Redazione
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01 Ottobre 2025
Tempo di lettura: 3 minuti

Nel mondo iperconnesso che stiamo costruendo, il centro è diventato un collo di bottiglia.
La latenza è un ostacolo. Il cloud è troppo lontano.
E ogni secondo in più tra input e risposta diventa un errore, un rischio, una perdita.
È per questo che sta nascendo l’edge.

Non è un luogo. È un principio di realtà: portare il calcolo, l’intelligenza, la risposta dove accade l’azione.
Sotto il sensore. Dentro il dispositivo. Ai margini della rete.

Fuori dalle mappe mentali del Novecento.
Con l’arrivo del 6G, l’edge diventa onnipresente, istantaneo, distribuito.
Un cervello collettivo atomizzato, dove ogni nodo è vivo, pensante, autonomo.
Il 6G non è solo più veloce. È un’altra cosa.
Connettività terahertz = banda larga senza limiti.
Latenza sotto al millisecondo = tempo reale puro.
Reti neurali decentralizzate = intelligenza distribuita.
Riconfigurazione dinamica = ogni dispositivo è anche un nodo della rete.

Con il 6G, la rete non trasporta dati. È essa stessa l’elaborazione.
Non è più un ponte. È una membrana neurale.

Ogni fabbrica, semaforo, drone, telecamera, campo agricolo, elettrodomestico, diventa nodo sensibile, punto decisionale.
Tutto calcola. Tutto comunica. Tutto anticipa.
In sanità, il sensore nel polso elabora i tuoi dati vitali localmente e reagisce prima che tu svenga.
Nell’industria, il robot corregge la sua traiettoria prima che tu te ne accorga.
Nel traffico, il semaforo si accorda in tempo reale con gli altri per ottimizzare il flusso. Senza centrale. Senza algoritmi imposti.
È intelligenza ambientale. Il mondo come computer.

Nel vecchio mondo, il gemello digitale era un modello in autoaggiornamento continuo.
Nel nuovo, è una copia attiva, connessa, viva.

Che simula, apprende, risponde. Che evolve in parallelo all’originale fisico.
O diverge da esso, anticipandone i difetti o i punti di rottura.

Le città avranno i loro gemelli predittivi.
I pazienti avranno simulacri diagnostici sempre aggiornati.
Gli ambienti naturali avranno cloni sensoriali che reagiscono prima che collassino.
E ancora: reti elettriche, supply chain, aeroporti, ospedali, impianti sportivi, centrali nucleari.
Tutti avranno un sé digitale, pensante, iperconnesso. Un avatar operativo.

L’umanità è entrata in una fase nuova: non viviamo più solo nella realtà, ma nel suo gemello predittivo. Il mondo fisico diventa solo una conseguenza del mondo computato.
Questo genera un capovolgimento logico, se il gemello digitale rileva un problema, agiamo sul reale.
Ma se il gemello decide da solo… allora chi sta vivendo davvero?
I gemelli digitali avanzati (quelli innestati sull’edge e sul 6G) sono già ecosistemi auto decisionali.
Possono agire prima dell’evento. Annullarlo. Sostituirlo.

I big sono già entrati nella corsa al 6G. Non per connettere meglio.
Ma per controllare la nuova infrastruttura neurale del pianeta.
Chi possiede le frequenze, i nodi edge, le architetture di gemello digitale scrive le leggi del mondo fisico.
Le potenze non stanno più costruendo ponti.
Stanno creando gemelli digitali del mondo secondo i propri valori.
L’Europa? Ritarda, discute, regola. Ma non costruisce.
L’Italia? Lasciamo perdere.

La Sardegna può diventare il luogo neutrale e intelligente dove testare un nuovo tipo di edge society.
Un meta-territorio esperienziale dove progettare il futuro prima che il futuro accada.
Con 6G, edge e digital twin, non possiamo più parlare di digitale come supporto.
Parliamo di un doppio mondo che potrebbe diventare il vero mondo.
Chi controlla questi gemelli, controlla il presente e addestra il futuro.
Chi rimane fuori vive nel ritardo. E nel rischio.
Serve una nuova filosofia della realtà aumentata e delle simulazioni.
Una politica dei doppi. Un’etica edge. Un’estetica della previsione.
Il futuro è già sdoppiato.
Sta a noi decidere se vivere in quello giusto.
Ma dobbiamo muoverci ora. Sul bordo. All’edge.