Il cimitero delle startup: come trasformare i fallimenti in opportunità
Il 2022 segna la battuta d’arresto per startup e big-tech. È l’inizio del declino o di una nuova era? La riflessione del nostro CEO, Nicola Pirina.
Redazione
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07 Novembre 2022
Tempo di lettura: 4 minuti

L’amico Michele Kettmajer, acuto intellettuale trentino, in uno degli scambi che frequentemente abbiamo, mi fa notare che tra luglio e settembre, le start-up di tutto il mondo hanno raccolto 81 miliardi di dollari, in calo del 53% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. È il più grande declino di questo tipo da quando esiste un monitoraggio serio per questo settore.

La crisi nella raccolta di capitali ha avuto pesanti riflessi occupazionali: 93 mila lavoratori sono stati licenziati in oltre 700 start-up.

Un’ecatombe che ha risvolti curiosi: esistono diversi siti internet dedicati al cosiddetto “cimitero delle start-up” che dovrebbero essere consultati con molta attenzione prima di lanciare una nuova iniziativa. 

Anche perché non va inseguita la mitologia delle startup, direi il contrario.

Il 2022 è definito da molti l’anno nero delle big tech, tra le testate che usano tale definizione c’è anche Il Sole 24 Ore. Il quotidiano economico sintetizza così il momento:

“Persi 3mila miliardi di dollari. Meta travolta, male anche Alphabet, Amazon e Microsoft”.

Solo Apple (per ora) sembra essere al sicuro, ma la tempesta è in atto.

Nell’ultimo anno il titolo di Amazon ha perso il 38,67%, Alphabet il 34,96%, quello di Microsoft il 28,87%. L’Eldorado delle start-up e dei titoli tech appare nel pieno di una crisi globale con ingredienti micidiali: inflazione, calo dei consumi, terrore geopolitico, aumento dei tassi e pandemia che fa ancora capolino.

Un quadro fosco che induce a un interrogativo: le dinamiche dell’innovazione sono completamente e irrimediabilmente travolte?

Difficile dare una risposta netta, ciò che appare certo tuttavia è che quello che sta succedendo è il rovescio della medaglia di una crescita vertiginosa almeno decennale interrotta bruscamente.

C’è preoccupazione anche per una delle miniere d’oro di big tech, il cloud. 

Il grande ritiro globale del capitale di rischio è arrivato.

Gli investitori hanno ridotto significativamente il ritmo.

Nel roboante mondo digitale c’è quindi un oramai non più piccolo cimitero di start up. 

Le vittime sono le newco che hanno cercato di diventare le Facebook della finanza, le regine della maxi nicchia di Wall Street. La lista di chi ha abbandonato le velleità social è lunga. 

Ovviamente ci sono anche start up che ce l’hanno fatta, ma con risultati non particolarmente esaltanti.

Ma quali sono i motivi che portano alla chiusura delle imprese innovative? 

Pessimi rapporti con gli investitori privati e pubblici.

Incapacità di reggere la competizione.

Assenza di un modello di business sostenibile.

Inadeguatezza del prodotto.

Questioni legali.

Più una serie minore ma non meno importante di altri problemi.

Gli errori (di tutti), però, vanno a formare un bagaglio di esperienze significativo.

Gli investitori, ad esempio,possono essere più coraggiosi, più rispettosi dei team e meno invadenti?

Inoltre, possono esistere politiche pubbliche per l’innovazione propriamente dette senza mascherare le nuove generazioni di politiche attive del lavoro da circo delle startup?

Anche perché le politiche attive del lavoro, quelle vere che danno risultati, sono sparite dall’agenda politica.

Così come occorrono adeguate scelte formative, di ogni ordine e grado, per le competenze essenziali al nuovo mondo.

Il mercato delle imprese di nuova generazione c’è ed è forte, sono tutti soggetti che ben interpretano il ruolo strumentale della tecnologia e che guardano con intelligenza all’economia reale, sanno tarare bene le loro dimensioni sui loro mercati.

Sarebbe bello che dal cimitero delle startup emergessero team che, posta la grande esperienza maturata e considerate la delusione ed il senso di frustrazione, vogliano confluire nei nuovi gruppi che hanno bisogno delle competenze come il pane.

Ce la possiamo fare. Un mondo nuovo grazie anche ad una nuova e più sana industria dell’innovazione è ancora possibile.

Un mondo equo, dove la fiducia, la responsabilità ed il fair play creino quel mix di spinta per riuscire a sostenere il cambiamento di cui c’è necessità.

Buon futuro a Tutt* 😉 

Lo meritiamo!

Un sorriso, Nicola