I nonni migranti
Redazione
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02 Febbraio 2022
Tempo di lettura: 3 minuti

Una risorsa in termini affettivi, d’esperienza, di visione del mondo. Le riflessioni di Rinaldo Bonazzo, CTO di Kitzanos, sul tema dell’emigrazione ieri e oggi. Tra emozioni e ricordi personali.

“Au nord, c’étaient les corons
La terre c’était le charbon
Le ciel c’était l’horizon
Les hommes des mineurs de fond”
Pierre Bachelet – Les corons

Sono figlio di emigrati e sono cresciuto in una realtà mineraria con i miei nonni, fonte inestimabile di sapienza e saggezza. Mi hanno trasmesso lo slancio e il coraggio di quando erano giovani e hanno dovuto costruirsi un percorso e, allo stesso tempo, mi hanno dimostrato la saggezza e l’equilibrio dell’età matura.

Ecco perché penso a loro e rifletto sulle innumerevoli esperienze che hanno vissuto, a partire dall’emigrazione e sul suo significato: una sconfitta per il territorio. “Emigrare” – allora in modo particolare – voleva dire abbandonare il proprio luogo natio per un posto estraneo: geograficamente e culturalmente.

Mi hanno raccontato i tanti luoghi delle loro fatiche: Rezzato, Ponton, Grammont (Geraardsbergen) e ancora la campagna d’Africa, la vita in miniera. Fatica, speranze, paure ma anche e soprattutto energia e voglia di creare qualcosa di solido, di duraturo sempre con lo sguardo e il cuore rivolti a ciò che avevano lasciato: amici, famiglia, un’occupazione. Mossi da cosa: bisogno materiale o voglia d’avventura? Ecco chi come me è figlio di emigrati sa quali sono i motivi per i quali i propri avi hanno lasciato la loro terra: per cercare di fare e dare qualcosa alla propria discendenza. Poche parole che racchiudono esistenze complesse, ricche di sfaccettature.

Ora, a distanza di anni, guardo a ciò che accade: nel frattempo sono diventato nonno, la mia condizione è cambiata, ma mi rendo conto che esiste ancora un grande flusso migratorio per i giovani che non trovano supporto nel territorio. Non più minatori, ma laureati, diplomati che partono alla ricerca di opportunità con il chiodo fisso di tornare un domani. In questo periodo di cambiamento grazie al PNRR ed altre opportunità che si stanno delineando, mi piacerebbe che si facesse uno sforzo significativo per valorizzare il territorio. Ad esempio, sarebbe bello creare dei percorsi simili alle vie medievali – la via Francigena è un modello – che erano fonte di guadagno e allo stesso tempo di scambio culturale.

Mutuando questo concetto perché non pensare a vie enogastronomiche e culturali: dalla birra al formaggio passando per le maschere tradizionali, abbiamo un patrimonio immenso da presentare e da offrire. Per dare la possibilità al territorio, ai territori di esprimersi così da essere non più fonte di ricordi ma di opportunità e di futuro.

Kitzanosway

do it

“I have a dream…”

Un abbraccio

Rinaldo