Voto e politiche di riequilibrio: confronto tra Italia e Germania
Il rapporto Svimez-Luhnip “Politica industriale e coesione, tra Mezzogiorno e Europa” analizza la questione del divario territoriale all'interno dei due Paesi.
Redazione
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13 Marzo 2025
Tempo di lettura: 2 minuti

Da una parte: la polarizzazione del voto, nonostante solide e ampie politiche di perequazione fiscale. Dall’altra: assenza di radicalizzazione in un contesto di federalismo fiscale che ha ampliato i divari. È l’apparente paradosso che riguarda Germania e Italia dove la questione delle differenze territoriali ha avuto esiti opposti nelle urne e che è stato messo in luce dal rapporto Svimez-Luhnip “Politica industriale e coesione, tra Mezzogiorno e Europa”.
Le recenti elezioni federali tedesche hanno messo in luce una netta differenza tra Germania Est e Ovest:
Nell’Est ha trionfato l’AfD (Alternative für Deutschland) con il 36,2% dei voti, raddoppiando i consensi rispetto al 2021.
Nell’Ovest ha prevalso la CDU/CSU con il 28,6% e una solida affermazione in Baviera e Baden-Württemberg.
A oltre 30 anni dalla riunificazione, le differenze socioeconomiche e culturali tra ex-DDR e Lander occidentali continuano a essere marcate e a influenzare enormemente le scelte elettorali. A riprova di ciò il fatto che la Germania orientale ha storicamente votato per partiti alternativi ai principali: prima Die Linke (sinistra radicale), oggi AfD (estrema destra).
Nel nostro Paese, al contrario, non si è creata tale frattura; il Mezzogiorno, area economicamente più debole, ha premiato progressivamente forze politiche non estreme (da Forza Italia al Movimento 5Stelle e, da ultimo, Fratelli d’Italia).
Per quanto concerne la Germania, le forti e ampie politiche di perequazione determinano un livellamento delle entrate tra regioni permettendo equità sostanziale nei servizi di base (sanità e istruzione). Ciò ha assottigliato enormemente la distanza tra Est e Ovest, sia per quanto riguarda il Pil che la disoccupazione. Alcuni dati confermano il riavvicinamento: rispetto al 1991, oggi il PIL pro-capite dell’Est ha raggiunto il 75% dell’Ovest. Il gap in termini di disoccupazione è passato dai 10 punti del 2000 ai 2 del 2024. Sforzi notevoli che tuttavia non hanno scalfito le ragioni profonde del malcontento dovute al fattore immigrazione a seguito della rapida crescita degli immigrati nell’Est (quota raddoppiata dal 2015 al 2022).
Di segno opposto la situazione italiana dove il federalismo fiscale incompleto ha allargato la forbice tra Nord e Sud favorendo in quest’ultimo contesto servizi pubblici mediamente peggiori. E i numeri certificano la cristallizzazione della situazione. Oggi il Pil del Mezzogiorno è circa il 56% di quello del Centro-Nord mentre la disoccupazione è passata da una differenza di 13 punti nel 2020 tra le due aree agli otto punti del 2024. Le disparità, contrariamente alla Germania, sono strutturali ma la vera emergenza sociale riguarda l’emigrazione giovanile verso il Nord o l’estero.