Dazi di Trump, prezzi energia e politica fiscale restrittiva europea. Sono le tre grandi incognite che peseranno, in una misura non quantificabile oggi, sul futuro dell’economia italiana in generale e con varie gradazioni di intensità a livello di singole regioni. È quanto emerge dal rapporto Svimez-Ref Ricerche “Dove vanno le regioni italiane. Le previsioni regionali 2024-2026” curato da Fedele De Novellis (Ref) e Stefano Prezioso (Svimez).
Un’occasione per cercare di indicare una rotta, con la bussola dei numeri alla mano, nella consapevolezza della molteplicità di fattori in gioco capaci di mutare sostanzialmente il quadro prospettato. Variabili con impatto incerto che rappresentano la vera sfida nella rappresentazione della traiettoria di sviluppo del nostro Paese come hanno sottolineato gli interventi di tutti i relatori: Adriano Giannola e Luca Bianchi, rispettivamente presidente e direttore generale della Svimez; il docente di economia e politiche regionali al Politecnico di Milano, Ugo Fratesi; Laura Polverari, docente di scienza politica all’Università di Padova; Gianfranco Viesti, professore di economia applicata all’Università di Bari. Proprio Viesti ha sottolineato la grande incertezza dopo il biennio 2025/2026: «A partire dal 2027 si può aprire un periodo caratterizzato da molti interrogativi con la fine del PNRR, le politiche di Difesa da attuare, le conseguenze della transizione green, la scelte a livello di bilancio comunitario con il rischio concreto non da evocare ma da scongiurare che si creino policrisi in grado di impattare pesantemente sulle dinamiche territoriali».
LE TRAIETTORIE REGIONALI IN SINTESI
Queste tre macro-variabili impatteranno in modo differente sui territori, in ragione delle peculiarità delle rispettive economie. In linea generale il 2024, in linea con quello precedente, dovrebbe vedere una crescita del PIL maggiore nel Mezzogiorno (+0,8%) rispetto al Nord (+0,6%). Due le ragioni di questo inedito primato: la crescita dell’edilizia, grazie al PNRR, che muove quindi notevole investimento pubblico e l’affanno del comparto industriale, particolarmente presente soprattutto nel Nord Italia, e fiaccato dai cambiamenti strutturali in atto (transizione ecologica e digitale) e dalla debolezza dell’export.
Tuttavia, sempre secondo lo studio, dal 2025 tale tendenza tornerà per così dire a normalizzarsi con un settentrione nuovamente destinato a essere la locomotiva – comunque lenta – dell’Italia. Centro-Nord +0,8%, Mezzogiorno +0,5% nel 2025; Centro-Nord +1%, Mezzogiorno +0,7% nel 2026.
Il tutto comunque nell’ambito di un sistema Paese che soffrirà certamente degli effetti della politica fiscale restrittiva a livello comunitario, dato che il PIL totale sarà inferiore al punto percentuale nel triennio.
DAZI, CARO ENERGIA E SCELTE POLITICHE NAZIONALI
I dazi voluti dalla nuova amministrazione americana, da un alto, e il rincaro dell’energia dall’altro saranno fattori in grado di mutare in maniera più o meno accentuata la traiettoria economica a seconda dell’intensità dell’impatto.
Ma anche le scelte a livello nazionale avranno effetti, tra l’altro molto diversi, sulle singole regioni: il taglio del cuneo fiscale e la rimodulazione delle aliquote Irpef, secondo gli estensori del rapporto, determineranno vantaggi evidenti nel Settentrione a più alta intensità di redditi da lavoro dipendente. Qui i consumi privati saranno favoriti in modo maggiore.
IL PNRR DECISIVO PER L’ECONOMIA DEL SUD
Per quanto riguarda il Sud, gran parte della traiettoria sarà condizionata dall’implementazione virtuosa del PNRR; stando al rapporto varrà il 60% della crescita futura. Ciò significa che non solo sarà importante spendere i fondi messi a disposizione dall’Europa, ma che sarà di vitale importanza anche aver portato a termine con successo il grande cantiere costituito dalle riforme, parte integrante e sostanziale del Piano Nazionale di ripresa e di Resilienza. La competitività, infatti, sarà la vera discriminante per capire quale sarà l’assetto del nostro Paese nel momento in cui andranno a esaurirsi gli effetti di spinta economica derivanti dai fondi stanziati. Dal 2027 entreremo, di fatto, in un territorio sconosciuto e dobbiamo arrivare a quella data nelle migliori condizioni possibili.
SARDEGNA: CRESCITA SOSTENUTA DALL’EDILIZIA
La Sardegna seguirà grossomodo la dinamica tipica delle regioni del Mezzogiorno; il PIL isolano segna una stima di +1,5% nel 2024, ma nei due anni successivi la crescita sarà inferiore: +0,77% nel 2025 e +0,85 nel 2026. A fare da traino le costruzioni grazie alla coda degli investimenti privati (Super bonus) sostituiti poi da quelli pubblici (PNRR). Il biennio 23-24 si chiude con un + 26 per cento, rispetto al biennio precedente, trascinato sicuramente dagli incentivi. Di interesse anche la fotografia riguardante i consumi privati (famiglie) che si attesta a +0,65% nel 2024 e crescerà ancora nel biennio successivo con + 0,79% stimato nel 2025 e addirittura +1,13% nel 2026. Per quanto attiene gli investimenti totali segneranno +1,4% nel 2024 a fronte di una contrazione per il 2025 (-0,25%) e un lieve miglioramento per il 2026 (+0,25%).
Immagine di Freepik