C’è una verità scomoda, quasi dolorosa, che emerge dal nostro continuo bisogno di spiegare chi siamo.
Il fallimento della connessione.
Spiegarsi è un atto umano, spesso necessario per costruire ponti, ma quando diventa un’ossessione, un labirinto di parole e giustificazioni, rivela una dinamica disfunzionale. Se devi spiegarti troppo, forse il problema non sei tu, ma la persona che hai davanti, incapace o non disposta a comprendere.
Viviamo in un’epoca di comunicazione compulsiva, dove ogni gesto, pensiero o opinione deve essere accompagnato da un tutorial emozionale. I social ci hanno abituato a dilungarci, a spiegare, a giustificare perfino l’ovvio, cercando di conquistare empatia e approvazione.
Ma il punto centrale è: perché?
Perché sentiamo il bisogno di convincere, di chiarire, di tradurre noi stessi in un linguaggio che forse l’altro non capirà mai?
La risposta, spesso, è la paura del rifiuto.
Temiamo di non essere accettati, di essere fraintesi, e allora investiamo energie nell’impresa titanica di raccontarci.
Ma cosa accade quando ci troviamo di fronte a chi non è pronto, o non vuole, capirci? Accade che ci perdiamo.
Ogni spiegazione diventa un piccolo compromesso con la nostra autenticità.
È un processo subdolo.
Smussiamo gli angoli delle nostre idee, diluiamo le nostre emozioni per renderle più accessibili, più accettabili. Eppure, non tutti meritano il privilegio della nostra narrazione.
Spiegarsi troppo è come urlare in una stanza vuota.
Non serve a nulla se dall’altra parte c’è qualcuno che non ascolta davvero, che non ha la chiave per aprire le porte del nostro mondo interiore. Le relazioni autentiche, quelle che danno senso alla nostra esistenza, non hanno bisogno di troppi preamboli. Si fondano su un linguaggio tacito, fatto di comprensione immediata e reciproca accettazione. Non è questione di spiegarsi meno, ma di scegliere meglio a chi raccontarsi.
Questo non significa che dobbiamo smettere di comunicare o chiuderci in noi stessi.
Al contrario, implica il coraggio di essere selettivi.
Se ti trovi costantemente a spiegare le tue scelte, i tuoi sogni, i tuoi dolori, forse è il momento di fermarti e chiederti: “Perché lo sto facendo? A chi sto cercando di dimostrare qualcosa?”.
E, soprattutto: “Vale davvero la pena?”.
Forse dobbiamo imparare a lasciare andare le persone sbagliate, quelle che non vedono il nostro valore o che ci richiedono un prezzo emotivo troppo alto per essere accettati. La verità è che non dobbiamo convincere nessuno a comprenderci. La nostra esistenza non è un manifesto pubblicitario, né un’opera da decifrare.
L’essenza del vivere autentico sta nell’incontro con chi riesce a capirci senza troppe parole, con chi sa leggere tra le righe del nostro essere.
È lì che accade la magia.
Quando qualcuno coglie la nostra complessità senza bisogno di parafrasi.
Ed è allora che possiamo smettere di spiegare e iniziare, finalmente, a vivere.