Ripopolare i paesi, l’esempio di Melle
Il comune piemontese, 286 residenti, ha ben 9 abitanti in più rispetto al 2019. Una storia apparentemente minima che racconta molto di come si possa invertire il destino dei piccoli centri, combinando coraggio, lungimiranza e innovazione. Mettendo al centro le imprese per battere lo spopolamento. Un fenomeno che in Sardegna è diventato emergenza.
Redazione
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15 Ottobre 2025
Tempo di lettura: 4 minuti

Arriva da Melle – comune montano in provincia di Cuneo – una storia di riscatto che riguarda uno fra i tanti paesi inariditi dallo spopolamento. Una condizione che accomuna i piccoli centri e a qualunque latitudine, Sardegna in primis: serrande abbassate, case disabitate, servizi spariti.

Eppure il caso del comune piemontese – 286 residenti nel 2019 passati a 295 nel 2025 – portato alla ribalta dal quotidiano online Il Post (qui l’articolo) non solo invita all’ottimismo, ma traccia un percorso che vale la pena conoscere.

Tre i fattori che hanno determinato l’inversione di tendenza: idee al passo con i tempi, coraggio nel raccogliere sfide apparentemente impossibili e politiche pubbliche di sostegno. Le prime due sono state soprattutto di giovani, sotto i 40 anni di età, che hanno creato e aperto diverse attività restituendo linfa a una comunità esangue. La terza un po’ la conseguenza.

Tutti i protagonisti sono accomunati dal desidero di uno stile di vita più sostenibile sotto ogni profilo. Il minuscolo centro non solo ha bloccato ma addirittura ha invertito un’emorragia demografica iniziata negli anni ‘60. Miracolo che oggi ha risultati tangibili: due bar, due ristoranti con prodotti e ricette del territorio, due negozi di generi alimentari e altrettante panetterie, diversi b&B e un’azienda di tisane biologiche che assicura lavoro a 20 persone. Attività economiche di base assieme ad altre che tengono conto della tradizione locale e declinate in maniera moderna. Con le imprese come motore del cambiamento. Grazie a competenze, esperienze e studi realizzati altrove.

L’incremento della popolazione ha permesso di conservare alcuni servizi: ufficio postale, medico. Senza contare la rivitalizzazione del tessuto sociale locale con una Comunità a supporto dell’agricoltura (CSA) che distribuisce settimanalmente cassette di verdura a 70 famiglie associate. Forma di mutualismo antica adattata ai giorni nostri.

Eppure ciò che sembra un caso unico rientra nella dinamica più ampia nota come “neopopolamento” dei comuni montani fotografato dall’ultimo rapporto UNCEM. Stando allo studio, la popolazione in questi luoghi tra il 2019 e il 2025 è aumentata di 100 mila persone. Fenomeno che si è verificato dove c’è un buon mix tra intraprendenza privata e lungimiranza pubblica. Si torna nei territori in cui sono state avviate iniziative economiche nuove, esiste una buona qualità dell’ambiente e di servizi e, non ultimo, il costo della vita è inferiore. Questo rinascimento, tuttavia, riguarda solo il centro e nord Italia. Le parti interne di Mezzogiorno e isole continuano a spopolarsi.

In Sardegna la situazione è particolarmente grave. In termini generali, l’isola al 31 dicembre 2023 contava 1.570.453 abitanti, con una variazione negativa di 7693 persone rispetto al 2022. In un decennio persi 100 mila residenti (dati Istat).

Chi rimane è sempre più in là negli anni – la media è 48,8 anni. Il fenomeno interessa un po’ tutto il territorio regionale, ma le province più spopolate sono Oristano (-0,8%), Nuoro e Sud Sardegna (entrambe -0,7%).

Periferie fisiche e politiche falcidiate dalla mancanza di misure coordinate e dall’arretramento progressivo dello Stato. Dal problema dei medici di medicina generale (467 le sedi vacanti con tasso di scopertura del 30%), passando per quello non meno drammatico della chiusura delle scuole con l’ultimo caso, eclatante, di Bortigali. Senza infrastrutture, materiali e non, il destino è segnato. Non si tratta infatti di sola questione di fondi, pur importanti. La Regione Sardegna per esempio ha varato dal 2022 misure importanti (qui il portale dedicato). Non mancano nemmeno le iniziative nazionali. Il Piano nazionale borghi, ad esempio, individua 21 paesi a rischio spopolamento e da recuperare. Ancora: il Senato a settembre ha approvato una legge sulla montagna che stanzia 200 milioni di euro.

Le risorse pur ingenti non sembrando in grado di arrestare questa dinamica. La vera sfida è creare piani coordinati, calibrati sulle esigenze dei singoli territori in base alle loro specificità. Si parte dall’ascolto e dalla condivisione per approdare a scelte mirate. Nessuna ricetta miracolistica, ma i risultati sono possibili come insegna il caso di Melle.

Immagine di Luca Bergamasco