Pensieri a valle della moderazione
Redazione
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17 Dicembre 2021
Tempo di lettura: 4 minuti

“100 idee” sono un buon inizio. Ma noi siamo quello che facciamo. Abbiamo avuto altre partenze promettenti. Serve, però, costruire un finale differente.

In un periodo storico difficile per la politica e per i suoi interpreti, ogni sforzo di dialogo e di costruzione di contenuti, ogni ponte tra parti sociali e pensieri, è determinante per ridare dignità e spessore ai ruoli socialmente più impegnativi, ossia quelli di rappresentanza di interessi collettivi e della loro tutela, quelli di governo e di gestione dei beni comuni.

Non si può avere l’ambizione d’essere esaustivi in poche battute, ho il desiderio di pensare che questi, come altri spero, siano i primi passi di un percorso di interpretazione e sintesi dei bisogni delle persone, non solo di quelle iscritte nei partiti o loro simpatizzanti; percorso che abbia poi la possibilità d’essere traslato in visione di sistema e quindi tradotto in programma per ingaggiare le scelte elettorali cui andiamo incontro.

La politica ha da tempo scelto di nascondere le decisioni nella tecnica, generando l’antipolitica, ma dietro ogni decisione c’è sempre un giudizio di valore che possiamo esplicitare facendone il cuore di un nuovo processo politico democratico, elettivo e deliberativo.

Viceversa possiamo raccontarci e far credere che non ci sono alternative. Ma non è così.

È questa la radice della sfiducia diffusa che subiamo come classe politica, è questo il cambiamento radicale da compiere attraverso un nuovo dibattito pubblico, attraverso la soluzione dei conflitti, grazie ad alleanze, a momenti di sintesi, oggi indispensabili passi del cambiamento di cui c’è necessità.

Un saggio diceva che alla rivoluzione bisogna pensarci sempre ma non bisogna nominarla mai. Oggigiorno viene il sospetto che nemmeno ci si pensi più. Le disuguaglianze non sono un destino ineluttabile ma una scelta. Non l’ho mai avallata né sono disposto a farlo, lotto tutti i giorni in direzione ostinata e contraria.

La crisi della politica e l’involversi del ruolo dei partiti ha reso abissale il divario tra governanti e governati. Urge un pensiero strategico perché sono smarriti il senso e il nesso tra lo studio della realtà e la sua trasformazione; da troppo tempo manca una visione che preceda e accompagni l’azione politica, è necessario avere nuovi linguaggi, nuove forme di comunicazione, di aggregazione e di coinvolgimento.

È necessario riprendere in mano la capacità di ascolto e di interpretazione della realtà e dei bisogni di persone, è determinante che torni di moda la capacità di portare a sintesi attuabile il cambiamento che è necessario per migliorare la vita di tutti e prendere questo mondo realmente un posto più vivibile.

Come puntare a un 2050 in maniera credibile?

Pensare quello che serve alle persone, ai territori, a una società che si possa definire tale.

La lingua parlata crea una comunità, la lingua scritta crea istituzioni. La conoscenza non è specchio del mondo ma è creazione dello stesso. Sublimiamo il sapere di non sapere e rimbocchiamoci le maniche.

Un popolo non può morire, perché non si uccidono le idee. Aveva ragione. Studiano, ragioniamo, tiriamole fuori, mettiamo al centro l’interesse del popolo sardo ragionato in dialogo col resto del mondo.

Facciamo convergere le reti agendo i 6 gradi di separazione, troveremo sardi e amici dei sardi, ovunque nel mondo, pronti per un progetto di cambiamento pacifico, non urlato, non conflittuale, armonico.

Facciamo sintesi, affiliamo la nostra capacità di spiegarci e di farci capire. Andiamo in mezzo alle persone e costruiamo con loro. Non tutto può avvenire on line, non tutto nelle stanza di partito o nelle camere delle decisioni.

Un popolo non può morire perché non si uccidono le idee, ripeteva il poeta trascurato, sopra una tomba senza nome nasce la coscienza, chiosava … in Sardegna, almeno spero, le colombe non si trasformeranno i falchi, gli ulivi non si trasformeranno in croci, non foss’altro perché non ce lo possiamo permettere … i processi sociali però e quelli politici di sintesi, non sono un on / off, ci vuole tempo e pazienza per accompagnarli alla realizzazione, sono un processo culturale indispensabile per scardinare su connottu, cattive abitudini, errori incancreniti … inutile spiegare le cose nuove con gli schemi vecchi … come diceva un sardo illustre abbiamo bisogno della passione e dell’intelligenza di tutti, a prescindere da tutto ma mai da tutti.

Buon futuro, lo dobbiamo alle generazioni per cui lavoriamo e di cui ci sentiamo responsabili.

Ancora grazie per l’invito, sono e rimango a disposizione per concreti passi di sintesi.

Un sorriso, Nicola