L’ombra lunga
La dipendenza digitale è dilagante e ha conseguenze catastrofiche sulla salute e anche sull'economia. Il punto di vista sul tema di Nicola Pirina, CEO di Kitzanos.
Redazione
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17 Gennaio 2025
Tempo di lettura: 3 minuti

L’avvento di Internet ha trasformato il mondo, aprendo porte a opportunità infinite, connettendo persone e idee, rendendo accessibile un volume di conoscenza mai immaginato prima. 

Ma ogni luce proietta un’ombra.

E l’ombra di Internet si chiama IAD: Internet Addiction Disorder, la dipendenza digitale. 

Un fenomeno che non è solo una nota a margine del progresso tecnologico, ma una sfida sociale, culturale e psicologica che sta cambiando profondamente il nostro modo di vivere, amare, lavorare e pensare.

L’IAD è condizione complessa che si manifesta in modi diversi e copre uno spettro di disagi ampio quanto la rete stessa. Non è semplicemente il tempo trascorso online, ma il modo in cui Internet invade e pervade aspetti fondamentali della nostra vita. C’è chi non riesce a staccarsi dai social media, chi è intrappolato in un ciclo compulsivo di shopping online, chi si rifugia nel sesso virtuale o nelle relazioni digitali per evitare l’intimità reale. 

E poi c’è il gioco, dove mondi virtuali sempre più sofisticati assorbono tempo, energia e attenzione, creando una realtà parallela che finisce per sostituirsi a quella vera.

Gli algoritmi sono progettati per catturare e trattenere la nostra attenzione, sfruttando debolezze cognitive ed emotive che ci rendono vulnerabili. La gratificazione istantanea di un like, la scarica di dopamina di una vittoria in un videogioco, il brivido di un acquisto con un solo click, sono tutti meccanismi che ci tengono agganciati, spesso a scapito della nostra salute mentale, delle nostre relazioni e della nostra capacità di vivere una vita equilibrata.

La dipendenza da Internet non è un problema di nicchia. 

Sta crescendo in modo esponenziale, colpendo persone di tutte le età e culture. I giovani sono particolarmente vulnerabili, nati in un mondo dove essere online è la norma e non l’eccezione. Ma anche gli adulti non sono immuni, travolti da un flusso continuo di notifiche, email e stimoli digitali che invadono ogni aspetto della loro vita.

Le implicazioni dell’IAD sono enormi. 

Sul piano individuale, la dipendenza da Internet può portare a isolamento, depressione, ansia, problemi finanziari e persino deterioramento fisico. Sul versante sociale, mina le fondamenta delle relazioni umane, creando una generazione di individui iperconnessi ma profondamente soli. E sotto l’aspetto economico, comporta costi enormi in termini di produttività persa, spese sanitarie e impatti indiretti sul benessere collettivo.

La soluzione non è semplice, perché Internet ed il web sono l’infrastruttura delle infrastrutture e sono ormai parte integrante della nostra vita. 

Non si può staccare la spina. 

Ma possiamo iniziare a riconoscere il problema, a parlarne, a sviluppare strumenti e strategie per gestire il nostro rapporto con la tecnologia. 

Questo significa educare le persone, a partire dai giovani, a un uso consapevole e responsabile di Internet. Significa regolare i colossi tecnologici, costringerli a ripensare i loro modelli di business basati sulla dipendenza. E significa creare spazi offline che promuovano connessioni autentiche, esperienze significative e benessere.

L’IAD è il sintomo di una società in rapida evoluzione, che non ha ancora trovato un equilibrio tra le sue straordinarie innovazioni e le sue fragilità umane. Affrontarlo non è solo una questione di salute mentale, ma una sfida per il futuro della nostra cultura e della nostra capacità di vivere vite piene e autentiche in un mondo sempre più digitale. 

Perché il vero progresso non sta nell’essere sempre connessi, ma nel sapere quando e come scollegarsi.

Con attenzione, Nicola

Immagine di freepik